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venerdì 10 giugno 2011

LA SALAMANDRA.......




I moderati immaginari del Pd
di Paolo Flores d’Arcais, da il Fatto quotidiano, 11 giugno 2011

Sono anni e anni che i dirigenti del centro-sinistra si arrabattono per trovare il modo di sedurre i “moderati”, benché la chiave dell’arcano fosse a portata di mano. I risultati delle recenti amministrative hanno fornito l’ultima conferma: i consensi dei moderati si conquistano solo con dosi adeguate di “estremismo” e di “antipolitica”. Era il segreto di Pulcinella, se solo gli inamovibili della nomenklatura Pd avessero preso atto degli indizi evidenti, reiterati e convergenti, manifestati nel corso degli anni. Prendiamo il “conflitto di interessi”. Ai “giustizialisti” che rimproveravano i governi di centrosinistra di non averlo affrontato, i soloni del “progressismo” ufficiale rispondevano che si trattava di un tema elitario, che agli italiani bisognava parlare di tasse e disoccupazione. Visto che nel frattempo erano stati al governo tre volte, due con Prodi e una con D’Alema, potevano anche realizzare qualcosa, anziché “parlare” , e magari nel senso di una riduzione delle aberranti diseguaglianze sociali. Sarebbe bastato, per dire, una tranquilla guerra all’evasione, cominciando da quella più opulenta, e un nuovo welfare basato sul salario di cittadinanza, e l’abbattimento dei ciclopici costi della “casta”. Ma lasciamo stare.

Il fatto è che agli italiani il conflitto d’interesse interessava eccome. Nel febbraio del 2002, un sondaggio di Mannheimer per il Corriere della Sera rilevava come proprio il conflitto di interessi fosse al primo dei problemi più sentiti dai cittadini. Veniva pubblicato il giorno dopo la manifestazione del Palavobis, manifestazione “giustizialista” che più “giustizialista” non si può, organizzata da MicroMega per ricordare i dieci anni di Mani Pulite, e il cui successo aveva lasciato allibite le vestali della Realpolitik.

Il Palavobis fu il “momento” (nel senso della fisica dinamica) che insieme al “grido” di Nanni Moretti diede avvio all’anno dei girotondi, culminata in settembre con la grandiosa manifestazione di piazza san Giovanni. Anch’essa boicottata in tutti i modi dai dirigenti Pd (o come all’epoca si chiamavano). Così come era concepita “faceva il gioco di Berlusconi”, ammonivano paterni, escludendo dal palco ogni dirigente di partito “finiva nel qualunquismo”, e soprattutto avrebbe spaventato i moderati per i toni radicali della contrapposizione a Berlusconi e al suo “regime” (parola impronunciabile secondo i D’Alema, Veltroni and Co.). Farla finita con la “demonizzazione di Berlusconi” e con la denuncia degli “inciuci”: con il governo si dialoga civilmente sui contenuti, questo era il modo giusto per conquistare i moderati. E tuttavia i vari sondaggi realizzati dopo la manifestazione ridicolizzavano questi maestrini della Realpolitik, che del mondo hanno conosciuto solo gli apparati di partito. Proprio la coerenza repubblicana dei girotondi, la radicalità della fedeltà alla Costituzione espressa in modo intransigente sui temi della legalità, dell’informazione, della lotta ai privilegi di casta, facevano breccia nell’elettorato di centro-destra. Una manifestazione che per settimane le tv di regime avevano presentato come minaccia quasi brigatista, e le opposizioni ufficiali avevano cercato di far fallire, veniva salutata con simpatia da quote non indifferenti di elettori del centrodestra, soprattutto leghisti e di An.

Ancora più significativo il sondaggio di Mannheimer per il Corriere della Sera successivo alla manifestazione dell’8 luglio 2008 di Piazza Navona. Indetta da singoli cittadini (Furio Colombo, Pancho Pardi, Giuseppe Giulietti e chi scrive), malgrado le lettere aperte rivolte ai dirigenti del Pd (segnatamente l’allora segretario Veltroni) per organizzare insieme una “giornata della giustizia” contro le leggi-canaglia di Berlusconi e il suo “fascismo strisciante”, solo il partito di Di Pietro aderì (e si accollò le spese del palco). Dei numerosi interventi (oltre ai promotori, Camilleri, Mannoia, Celestini, Ovadia, Rita Borsellino, Ravera, Travaglio) le tv e quasi tutti i giornali non raccontarono nulla, se non le critiche al presidente Napolitano, concentrandosi su due interventi “scandalo”: Beppe Grillo e soprattutto Sabina Guzzanti (coi suoi riferimenti espliciti alle “ministre” per meriti Monica Lewinsky, e a Papa Ratzinger inseguito all’inferno da diavoli omosessuali). Ebbene, una manifestazione demonizzata dai media, trattata come delinquenziale dal regime e giudicata in termini analoghi dal Pd, viene invece giudicata positivamente dal 30% dei cittadini, il 15% non si esprime e solo il 55% è negativo. C’è uno scarto, rispetto alle rappresentanze parlamentari, di circa il 25%, un elettore su quattro. Ma soprattutto, un quarto degli elettori leghisti e un sesto del partito di Berlusconi-Fini, disaggregando i risultati, risultano “conquistati” dagli estremisti-giustizialisti che hanno realizzato la manifestazione.

Lungo tutto il decennio è perciò empiricamene rilevabile cosa si debba fare per conquistare i “moderati”: intransigenza repubblican-costituzionale nel difendere legalità e libera informazione, demonizzando il regime, e accompagnando questa politica con la credibilità di persone vissute come politici prestati dalla società civile, non come politici di mestiere, di carriera,avita.Lalezioneèadamantina. Alle prossime politiche contro Berlusconi si vince se, e solo se, l’opposizione non sarà monopolizzata dalla “casta” e dal suo controproducente “troncare, sopire”.