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venerdì 16 marzo 2012

Trivellazioni petrolifere off-shore. Ecco cosa c'è in funzione già da alcuni anni a una ventina di miglia da Pantelleria



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Trivellazioni petrolifere off-shore.
Ecco cosa c'è in funzione
già da alcuni anni a una ventina di miglia da Pantelleria
(fonte foto Lundin Petroleum)

Sotto inchiesta i big del petrolio
Appalti in Iraq e Kazakistan, bufera su sette società italiane alcune delle quali quotate in borsa: da Ansaldo Energia a Saipem, sovrafatturavano commesse Eni.
Indaga la procura di Milano.
Il reato ipotizzato è "corruzione internazionale di pubblici ufficiali stranieri"
di EMILIO RANDACIO

MILANO - Impianti industriali, cavi, componenti per centrali termoelettriche. Per fornire tutti gli elementi necessari per completare un imponente impianto estrattivo di petrolio, sette multinazionali italiane avrebbero concorso ad allungare consistenti mazzette a politici stranieri.

A questa conclusione è convinto di essere arrivato il pubblico ministero di Milano, Fabio De Pasquale, che contesta alle società, alcune delle quali quotate in Borsa, il reato di "corruzione internazionale di pubblici ufficiali stranieri".
Nel giugno scorso, con una serie di perquisizioni effettuate dal Nucleo regionale di polizia tributaria, era emerso il coinvolgimento con le medesime accuse dell'Eni, di uno dei vice presidente di Saipem, del responsabile della centrale irachena dell'Eni e di alcuni intermediari.

Ora lo scenario delineato dalla procura allarga i propri orizzonti. A Saipem, Tecnimont, Ansaldo Energia, Elettra Progetti, Siirtec, Renco e Prysmian (leader mondiale dei cavi, con un fatturato da 7 miliardi di euro all'anno), viene contestato di aver agevolato l'Eni, sovra-fatturando i propri compensi, e permettendo che la differenza venisse utilizzata, con operazioni bancarie estero su estero, per pagare tangenti "a pubblici ufficiali stranieri".

Le società, per garantirsi gli appalti Eni, avrebbero partecipato a creare "provviste di denaro", "pianificando strategie di avvicinamento nei confronti di pubblici ufficiali e organizzando pagamenti di tipo corruttivo". Il coinvolgimento delle aziende è legato alla responsabilità giuridica degli enti, prevista dal codice con la legge 231.

Fino ad adesso, la procura ha scoperto pochissime carte. Anche la nuova lista di società indagate, è stata formalizzata in una proroga indagini striminzita, in cui il magistrato milanese ipotizza che il reato sia stato "commesso in epoca prossima al 20 giugno 2011". Ma alla base dei nuovi sviluppi dell'inchiesta, ci sarebbero un lungo elenco di rogatorie effettuate in questi mesi all'estero da De Pasquale. Non solo in Svizzera, ma anche in Gran Bretagna e Israele.

All'origine, lo scorso anno, a svelare il meccanismo con il quale Eni si sarebbe mossa per garantirsi gli appalti esteri, è stato proprio un suo ex dirigente. Avviata l'indagine e dopo i primi riscontri, i telefoni di alcuni manager sono stati intercettati permettendo di fare ulteriori passi in avanti.

Nel mirino sono così finite le procedure con le quali l'Eni si è aggiudicata i contratti di sfruttamento dei giacimenti di Zubair, in Iraq, e di Karachaganak, in Kazakistan. Nei documenti recapitati agli indagati, non ci sono riferimenti a cifre o a destinatari delle bustarelle. Ma che l'inchiesta punti in alto, lo si può intuire anche solo dall'entità degli appalti conquistati negli anni scorsi dall'Eni e dal giro di affari che ruota intorno a questi giacimenti.

A Zubair, Eni fa parte di un pool di imprese estrattive che grazie al contratto stipulato con la compagnia statale irachena, Soc (South Oli Company), permette di estrarre oltre 200 mila barili al giorno di petrolio. Con le autorità del Kazakistan invece, l'attuale numero uno Eni, Paolo Scaroni, nel 2007 ha firmato un accordo che permette lo sfruttamento del Progetto Kachaganak che, secondo stime di due anni fa, produce una "media di 65 mila barili al giorno di liquidi" e "6,7 milioni di metri cubi al giorno di gas naturale".

(13 marzo 2012) © RIPRODUZIONE RISERVATA

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